IL SENSO DEL MESSAGGIO DEL XVII CONGRESSO
di Giuseppe Farina Segretario generale della Fim Cisl
Il punto di partenza è la consapevolezza di una persistente difficoltà, anche e forse in primo luogo culturale, a riconoscere – cioè a individuare/valorizzare/rappresentare – le profonde differenziazioni che si sono prodotte nel mondo del lavoro in questi decenni, rendendo plurale la soggettività sociale e professionale.
Malgrado le ripetute autocritiche al proposito, il perno delle politiche contrattuali e organizzative resta ancora la “classe operaia centrale”. Restano ai margini del “core business” sindacale figure che proprio marginali non sono, e che attendono risposte nuove alla domanda di promozione e protezione sociale, ma anche di organizzazione del lavoro, e perciò di rappresentanza sindacale.
Tra queste figure vi sono:
· le donne, la cui crescente presenza nel mercato del lavoro impone di riflettere contestualmente sulla ridefinizione delle politiche di welfare e dell’azione contrattuale, per rendere conquista effettiva la realizzazione di pari opportunità nella condizione lavorativa sotto tutti gli aspetti (retribuzione carriera, ecc.) e per una piena valorizzazione professionale anche attraverso concrete possibilità di conciliazione tra vita e lavoro;
· i lavoratori immigrati, che mostrano una crescente propensione ad aderire al sindacalismo confederale, segno di un riconoscimento del sindacato come luogo di tutela e insieme di cittadinanza, ma che attendono non risposte assistenzialistiche ai loro bisogni, ma proposte di impegno attivo e protagonismo sociale che il progetto immigrazione avviato dalla Fim si
propone di offrire;
· i lavoratori cosiddetti “atipici”, soprattutto i giovani, che scontano un deficit di riconoscimento e protezione sociale che si sta drammaticamente aggravando sotto i colpi della crisi economica;
· gli impiegati e i quadri, ai quali vanno offerti degli spazi di rappresentanza collettiva per integrare le diverse dimensioni contrattuali (il reddito, lo sviluppo professionale e l’autonomia), conferendo così maggiore forza all’azione sindacale nel suo insieme.
Favorire una maggiore partecipazione alla vita organizzativa delle nuove soggettività sociali e professionali, dando loro una più adeguata rappresentanza nei ruoli dirigenti, vuol dire molto più che garantire delle “quote”, ma trasformare l’organizzazione dalle radici, dando alla Fim un volto nuovo.
2. Unire le persone
Le differenze sono una grande ricchezza sociale se tendono a integrarsi, non a separarsi; la questione che si pone nel nostro contesto sociale è allora come tenerle insieme in un progetto solidale di promozione civile, sociale e culturale. La crisi della rappresentanza parte anche da qui, dall’incapacità delle persone e dei soggetti sociali di riconoscere ciò che tiene insieme una società: i valori, le regole, i riferimenti comuni.
Ciò a maggior ragione nella crisi che stiamo attraversando, che genera comportamenti difensivi, che tendono a separare e spingono verso la ricerca di soluzioni individuali, alimentando la frammentazione.
La sfida, prima ancora che sindacale, è dunque etica e ha ricadute significative sull’azione collettiva. Per questo la Fim nelle sue tesi parla della necessità di un “sindacato educatore”, che sappia andare alla radice della crisi di questa epoca, assumendo le sfide culturali e non solo quelle socio-economiche: un sindacato che sappia integrare l’azione contrattuale – che è il suo specifico – con l’azione educativa, formando i suoi iscritti e dirigenti alla responsabilità “dell’altro” e del bene comune.
Ciò ha un riflesso significativo sulle politiche sindacali, ma prende anche forza da esse: l’azione contrattuale è oggi un vero banco di prova circa la possibilità di sperimentare e coniugare in forme nuove libertà, eguaglianza e differenza, offrendo ai lavoratori delle risposte efficaci alle nuove domande di rappresentanza, ma senza perdere di vista l’obiettivo di una forte coesione sociale.
Il “sindacato educatore”, da questo punto di vista, valorizza la dimensione associativa e quindi orizzontale della solidarietà, che sono costitutive della Fim e della Cisl, facendosi luogo di crescita delle persone, di comunicazione e di “fraternità”. Tale azione sociale non può quindi esaurirsi nella sola preoccupazione per la crescita dei tassi di sindacalizzazione, ma intende dare priorità alla vita interna dell’organizzazione, favorendo la partecipazione e la crescita delle persone. Anche qui l’impegno a cambiare e innovare non è meno urgente e richiede una energica svolta nel ricambio generazionale e nella capacità di mettersi in discussione, forzando rigidità burocratiche e abitudini consolidate.
3. Contrattare
Nella grafica dello slogan il verbo contrattare è evidenziato in corsivo. È il punto di convergenza delle possibili risposte ai problemi prima accennati: solo se è “bravo” nella contrattazione, suo strumento peculiare e in certo senso sua “ragione sociale”, il sindacato può efficacemente riconoscere le differenze e tenere unite le persone.
Bisognerebbe tuttavia superare le attuali polemiche sul “modello contrattuale”. Quando parliamo dei pesi da dare alla contrattazione decentrata (aziendale/territoriale) e a quella nazionale, non dovremmo pensare a piantare delle bandierine, ma ad andare al nocciolo del problema.
Il tema è: come riconoscere e valorizzare le differenze e tenere insieme le persone in un disegno di nuova cittadinanza a partire dal lavoro?
È, infatti, nella vita interna delle aziende e nei territori che incontriamo concretamente le persone, ne individuiamo i bisogni e le aspirazioni (un reddito dignitoso, la salute e la sicurezza, il rapporto tra tempo di lavoro e tempo di vita, e così via).
Tra l’altro, la nostra insistenza sul ruolo della contrattazione territoriale risponde proprio all’idea che lì, nel territorio, vive la comunità delle persone che vogliamo rappresentare e tutelare, e non essendo tutti i contesti uguali dal punto di vista sociale ed economico, è necessario modellare l’intervento sindacale sulle aspettative e domande che da ogni contesto provengono, perciò strutturando un modello sindacale che, anche qui, mentre coagula socialmente i lavoratori (con il rafforzamento del contratto nazionale) è in grado di dare risposte differenziate e sempre più puntuali a seconda delle situazioni.
D’altra parte la Fim è convinta, seguendo la riflessione di don Lorenzo Milani, che sarebbe ingiusto fare parti uguali fra disuguali.
Concludendo
Su questa base culturale/sindacale si è sviluppato il dibattito nei congressi ai diversi livelli, dall’azienda, ai territori, alle regioni: una ricchezza di idee, opinioni e riflessioni che troverà nel congresso nazionale di Levico la sua sintesi politica sostanziando le tesi della Fim.
Il dibattito è fin qui stato già molto significativo, e ha trovato una Fim pronta a ripartire, a rimettersi in gioco, a ripensarsi per ripensare e consolidare le sue strategie sindacali, in una fase nuova e per molti aspetti drammatica come questa. Una fase che anche sul piano sindacale propone criticità di non poco momento!
Ma la Fim è in buona salute ed è attrezzata per farvi fronte. Dai congressi aziendali, territoriali e regionali esce più matura, solida, con un forte senso della sua identità e una rinnovata fiducia nel suo gruppo dirigente ai diversi livelli: un profilo che si è andato rafforzando in questi anni, testimoniato dalla buona performance organizzativa che vede la Fim in continua crescita di iscritti, ma anche da un forte senso di appartenenza e militanza, maturato attraverso la fatica sperimentata nelle congiunture difficili e la riscoperta delle sue antiche radici, grazie anche a una buona dose di formazione (da incrementare ulteriormente).
Proprio in questa chiave di arricchimento di un “pensiero” sempre più prossimo alle nuove sfide sociali e capace di alimentare e indirizzare l’azione sindacale, abbiamo voluto allargare il dibattito congressuale pensando un numero speciale di Lettera Fim online, interpellando alcune persone e invitandole a reagire al messaggio del congresso sulla base della propria condizione ed esperienza:
· tre studiosi dei rapporti sociali (uno sul versante delle dinamiche economicosociali e delle relazioni industriali, un secondo su quello delle dinamiche organizzative, un terzo su quello dei processi culturali);
· due formatori della Fim;
· alcuni dirigenti e operatori della Fim nei territori, dal Nord al Sud del Paese, espressivi di condizioni e situazioni differenti. I nostri interlocutori hanno reagito ciascuno a modo proprio, liberamente, non necessariamente seguendo lo schema proposto, ma fornendo comunque delle considerazioni pertinenti alla logica complessiva del messaggio.
Un contributo ulteriore e qualificato – del quale li ringrazio – che darà altro materiale alla Fim per progettare un’azione di rappresentanza plurale, ricca, estesa, coesiva e perciò sindacalmente e socialmente più efficace.
di Giuseppe Farina Segretario generale della Fim Cisl
La Fim-Cisl ha scelto come slogan del suo XVII Congresso “riconoscere le differenze – unire le persone – contrattare”. L’obiettivo è di mettere a fuoco alcune questioni prioritarie poste dai grandi mutamenti culturali e socio-economici di questo tempo, per molti aspetti accelerati e aggravati dalla “grande crisi” del 2008, e rintracciarne i profili che sfidano la Fim sul terreno generale, culturale e politico, della cittadinanza e su quello specifico, sindacale, della rappresentanza e della contrattazione.
1. Riconoscere le differenzeIl punto di partenza è la consapevolezza di una persistente difficoltà, anche e forse in primo luogo culturale, a riconoscere – cioè a individuare/valorizzare/rappresentare – le profonde differenziazioni che si sono prodotte nel mondo del lavoro in questi decenni, rendendo plurale la soggettività sociale e professionale.
Malgrado le ripetute autocritiche al proposito, il perno delle politiche contrattuali e organizzative resta ancora la “classe operaia centrale”. Restano ai margini del “core business” sindacale figure che proprio marginali non sono, e che attendono risposte nuove alla domanda di promozione e protezione sociale, ma anche di organizzazione del lavoro, e perciò di rappresentanza sindacale.
Tra queste figure vi sono:
· le donne, la cui crescente presenza nel mercato del lavoro impone di riflettere contestualmente sulla ridefinizione delle politiche di welfare e dell’azione contrattuale, per rendere conquista effettiva la realizzazione di pari opportunità nella condizione lavorativa sotto tutti gli aspetti (retribuzione carriera, ecc.) e per una piena valorizzazione professionale anche attraverso concrete possibilità di conciliazione tra vita e lavoro;
· i lavoratori immigrati, che mostrano una crescente propensione ad aderire al sindacalismo confederale, segno di un riconoscimento del sindacato come luogo di tutela e insieme di cittadinanza, ma che attendono non risposte assistenzialistiche ai loro bisogni, ma proposte di impegno attivo e protagonismo sociale che il progetto immigrazione avviato dalla Fim si
propone di offrire;
· i lavoratori cosiddetti “atipici”, soprattutto i giovani, che scontano un deficit di riconoscimento e protezione sociale che si sta drammaticamente aggravando sotto i colpi della crisi economica;
· gli impiegati e i quadri, ai quali vanno offerti degli spazi di rappresentanza collettiva per integrare le diverse dimensioni contrattuali (il reddito, lo sviluppo professionale e l’autonomia), conferendo così maggiore forza all’azione sindacale nel suo insieme.
Favorire una maggiore partecipazione alla vita organizzativa delle nuove soggettività sociali e professionali, dando loro una più adeguata rappresentanza nei ruoli dirigenti, vuol dire molto più che garantire delle “quote”, ma trasformare l’organizzazione dalle radici, dando alla Fim un volto nuovo.
2. Unire le persone
Le differenze sono una grande ricchezza sociale se tendono a integrarsi, non a separarsi; la questione che si pone nel nostro contesto sociale è allora come tenerle insieme in un progetto solidale di promozione civile, sociale e culturale. La crisi della rappresentanza parte anche da qui, dall’incapacità delle persone e dei soggetti sociali di riconoscere ciò che tiene insieme una società: i valori, le regole, i riferimenti comuni.
Ciò a maggior ragione nella crisi che stiamo attraversando, che genera comportamenti difensivi, che tendono a separare e spingono verso la ricerca di soluzioni individuali, alimentando la frammentazione.
La sfida, prima ancora che sindacale, è dunque etica e ha ricadute significative sull’azione collettiva. Per questo la Fim nelle sue tesi parla della necessità di un “sindacato educatore”, che sappia andare alla radice della crisi di questa epoca, assumendo le sfide culturali e non solo quelle socio-economiche: un sindacato che sappia integrare l’azione contrattuale – che è il suo specifico – con l’azione educativa, formando i suoi iscritti e dirigenti alla responsabilità “dell’altro” e del bene comune.
Ciò ha un riflesso significativo sulle politiche sindacali, ma prende anche forza da esse: l’azione contrattuale è oggi un vero banco di prova circa la possibilità di sperimentare e coniugare in forme nuove libertà, eguaglianza e differenza, offrendo ai lavoratori delle risposte efficaci alle nuove domande di rappresentanza, ma senza perdere di vista l’obiettivo di una forte coesione sociale.
Il “sindacato educatore”, da questo punto di vista, valorizza la dimensione associativa e quindi orizzontale della solidarietà, che sono costitutive della Fim e della Cisl, facendosi luogo di crescita delle persone, di comunicazione e di “fraternità”. Tale azione sociale non può quindi esaurirsi nella sola preoccupazione per la crescita dei tassi di sindacalizzazione, ma intende dare priorità alla vita interna dell’organizzazione, favorendo la partecipazione e la crescita delle persone. Anche qui l’impegno a cambiare e innovare non è meno urgente e richiede una energica svolta nel ricambio generazionale e nella capacità di mettersi in discussione, forzando rigidità burocratiche e abitudini consolidate.
3. Contrattare
Nella grafica dello slogan il verbo contrattare è evidenziato in corsivo. È il punto di convergenza delle possibili risposte ai problemi prima accennati: solo se è “bravo” nella contrattazione, suo strumento peculiare e in certo senso sua “ragione sociale”, il sindacato può efficacemente riconoscere le differenze e tenere unite le persone.
Bisognerebbe tuttavia superare le attuali polemiche sul “modello contrattuale”. Quando parliamo dei pesi da dare alla contrattazione decentrata (aziendale/territoriale) e a quella nazionale, non dovremmo pensare a piantare delle bandierine, ma ad andare al nocciolo del problema.
Il tema è: come riconoscere e valorizzare le differenze e tenere insieme le persone in un disegno di nuova cittadinanza a partire dal lavoro?
È, infatti, nella vita interna delle aziende e nei territori che incontriamo concretamente le persone, ne individuiamo i bisogni e le aspirazioni (un reddito dignitoso, la salute e la sicurezza, il rapporto tra tempo di lavoro e tempo di vita, e così via).
Tra l’altro, la nostra insistenza sul ruolo della contrattazione territoriale risponde proprio all’idea che lì, nel territorio, vive la comunità delle persone che vogliamo rappresentare e tutelare, e non essendo tutti i contesti uguali dal punto di vista sociale ed economico, è necessario modellare l’intervento sindacale sulle aspettative e domande che da ogni contesto provengono, perciò strutturando un modello sindacale che, anche qui, mentre coagula socialmente i lavoratori (con il rafforzamento del contratto nazionale) è in grado di dare risposte differenziate e sempre più puntuali a seconda delle situazioni.
D’altra parte la Fim è convinta, seguendo la riflessione di don Lorenzo Milani, che sarebbe ingiusto fare parti uguali fra disuguali.
Concludendo
Su questa base culturale/sindacale si è sviluppato il dibattito nei congressi ai diversi livelli, dall’azienda, ai territori, alle regioni: una ricchezza di idee, opinioni e riflessioni che troverà nel congresso nazionale di Levico la sua sintesi politica sostanziando le tesi della Fim.
Il dibattito è fin qui stato già molto significativo, e ha trovato una Fim pronta a ripartire, a rimettersi in gioco, a ripensarsi per ripensare e consolidare le sue strategie sindacali, in una fase nuova e per molti aspetti drammatica come questa. Una fase che anche sul piano sindacale propone criticità di non poco momento!
Ma la Fim è in buona salute ed è attrezzata per farvi fronte. Dai congressi aziendali, territoriali e regionali esce più matura, solida, con un forte senso della sua identità e una rinnovata fiducia nel suo gruppo dirigente ai diversi livelli: un profilo che si è andato rafforzando in questi anni, testimoniato dalla buona performance organizzativa che vede la Fim in continua crescita di iscritti, ma anche da un forte senso di appartenenza e militanza, maturato attraverso la fatica sperimentata nelle congiunture difficili e la riscoperta delle sue antiche radici, grazie anche a una buona dose di formazione (da incrementare ulteriormente).
Proprio in questa chiave di arricchimento di un “pensiero” sempre più prossimo alle nuove sfide sociali e capace di alimentare e indirizzare l’azione sindacale, abbiamo voluto allargare il dibattito congressuale pensando un numero speciale di Lettera Fim online, interpellando alcune persone e invitandole a reagire al messaggio del congresso sulla base della propria condizione ed esperienza:
· tre studiosi dei rapporti sociali (uno sul versante delle dinamiche economicosociali e delle relazioni industriali, un secondo su quello delle dinamiche organizzative, un terzo su quello dei processi culturali);
· due formatori della Fim;
· alcuni dirigenti e operatori della Fim nei territori, dal Nord al Sud del Paese, espressivi di condizioni e situazioni differenti. I nostri interlocutori hanno reagito ciascuno a modo proprio, liberamente, non necessariamente seguendo lo schema proposto, ma fornendo comunque delle considerazioni pertinenti alla logica complessiva del messaggio.
Un contributo ulteriore e qualificato – del quale li ringrazio – che darà altro materiale alla Fim per progettare un’azione di rappresentanza plurale, ricca, estesa, coesiva e perciò sindacalmente e socialmente più efficace.
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